Dopo svariati anni di crisi economica che ha interessato anche il nostro Paese, è stata finalmente introdotta nel nostro Ordinamento la possibilità anche per i soggetti “non fallibili” di accedere ad alcune procedure volte a comporre negozialmente la crisi in cui essi versano.
Prima di illustrare nel dettaglio la disciplina, è opportuno delineare il quadro socio-economico in cui si inserisce.
Alcuni dati[1] illustrano la situazione relativa al sovraindebitamento al 31/12/2014:
- vi sono in corso circa 41 milioni di pratiche di recupero crediti per un controvalore di 56,2 miliardi di euro (7,6 miliardi in più rispetto all’anno 2013, pari a un + 16%);
- il valore di queste pratiche di recupero crediti relative al settore “bancario/finanziario/leasing” (rate di mutui, scoperti di conti bancari, carte di credito revolving e canoni di leasing) ammonta a 40,5 miliardi di euro, pari al 72% del totale;
- il settore “Utility/TLC” riguardante bollette insolute per servizi di prima necessità (luce, gas, acqua, telefono,ecc.) rappresenta un importo posto a recupero crediti pari 12,8 miliardi di euro, pari al 23% del totale;
- lo stock di debito affidato in riscossione a Equitalia è pari a circa 475 miliardi di euro (di cui attive oltre 2 milioni di rateazioni per un ammontare di circa 26 miliardi di euro).
In un contesto del genere risultava pertanto necessario, quanto urgente, intervenire per far sì che anche i soggetti più deboli (lavoratori, pensionati, artigiani, piccoli imprenditori, imprenditori agricoli, ecc.) potessero liberarsi dai debiti, divenuti nel frattempo insostenibili, dato anche il forte deterioramento della situazione economica generale.
Era necessario prevedere, anche nel nostro Paese, che un soggetto non fallibile non restasse oppresso dai debiti ed escluso a vita da qualsivoglia attività economica.
La procedura in commento prevede che, a determinate condizioni, il debitore possa pagare i propri debiti nella misura in cui sia realmente in grado di pagare e venga esdebitato a fine procedura per i debiti non pagati, ottenendo così una completa riabilitazione, il c.d. “fresh start”.
QUADRO NORMATIVO
L’iter Parlamentare che ha condotto all’approvazione della legge n. 3/2012 è il seguente:
- d.l. 22 dicembre 2011, convertito il legge n. 10 del 17 febbraio 2012;
- legge 27 gennaio 2012, n. 3, in vigore dal 29 febbraio 2012;
- d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221, in vigore dal 18 gennaio 2013[2];
- D.M. 24 settembre 2014 Ministero della Giustizia, n. 202, pubblicato in G.U. n. 21 il 27 gennaio 2015[3].
Il primo punto da analizzare riguarda il presupposto oggettivo per poter accedere alle procedure in commento, ossia cosa s’intenda per sovraindebitamento.
Ebbene l’art. 6, co. 2, lett. a) della l. 3/2012 lo definisce come: “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.
Senza addentrarci in questa sede in un’analisi giuridico-economica del sovraindebitamento in rapporto con la differente nozione di crisi o di insolvenza di cui alla legge fallimentare, basti sapere che con ogni probabilità il Giudice dovrà accertare la mera difficoltà ad adempiere e non l’impossibilità, anche futura, di adempiere come invece accade nell’insolvenza. In ossequio alla ratio che ha ispirato il legislatore ad introdurre tale disciplina è legittimo prevedere un accesso piuttosto agevole sotto questo profilo di carattere oggettivo per i soggetti che presentino situazioni di squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio prontamente liquidabile.
CHI PUO’ ACCEDERE ALLE PROCEDURE DA SOVRAINDEBITAMENTO
La l. 3/2012 individua positivamente, all’art. 6, co. 2, lett. b) solamente il consumatore, mentre gli altri soggetti sono individuabili in virtù del disposto di cui all’art. 6, co. 1: “(…) situazioni di sovraindebitamento non soggette od assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo (…)”.
In sintesi, i soggetti che potranno accedere alle procedure da sovraindebitamento sono i soggetti che non possono accedere al fallimento e alle procedure concorsuali, ossia:
- CONSUMATORE – debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta;
- IMPRENDITORI COMMERCIALI “sotto soglia” – che non superino anche solamente uno dei tre requisiti quantitativi nei tre esercizi precedenti: attivo patrimoniale € 300.000; ricavi lori € 200.000; debiti anche non scaduti € 500.000;
- IMPRENDITORE AGRICOLO;
- START-UP INNOVATIVE – ex art. 31, d.l. 179/2012, nel limite dei quattro anni dalla loro costituzione;
- PROFESSIONISTI – LAVORATORI AUTONOMI;
- ENTI PRIVATI NON COMMERCIALI (associazioni riconosciute e non riconosciute, organizzazioni di volontariato, associazioni sportive dilettantistiche, organizzazioni non governative, ONLUS, imprese sociali, ecc.) – con la precisazione che quando essi svolgono parzialmente attività commerciale sono assoggettabili a procedure concorsuali (liquidazione coatta amministrativa) al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 2, l.f..
QUALI SONO LE PROCEDURE
Le procedure a cui i soggetti di cui sopra possono, in astratto, accedere sono tre:
- l’ACCORDO di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano proposto dal debitore;
- il PIANO del consumatore, volto al medesimo risultato di cui al punto precedente ma senza la necessità di accordo con i creditori;
- la LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO.
Prima di analizzare in dettaglio le singole procedure, occorre precisare sin da subito che il CONSUMATORE (ovvero colui che non ha assunto alcuna obbligazione c.d. “mista”, di carattere personale e imprenditoriale/professionale) potrà accedere a tutte e tre le procedure, mentre i soggetti non fallibili (escluso il consumatore), che abbiano assunto obbligazioni c.d. “miste”, vedranno preclusa la procedura del PIANO, potendo accedere alle altre due (ACCORDO E LIQUIDAZIONE ).
ACCORDO DEL DEBITORE
Come già accennato, alla procedura c.d. di ACCORDO potranno aderire sia il consumatore che il soggetto non fallibile non consumatore che versano in stato di sovraindebitamento.
Quanto al contenuto dell’accordo, l’art. 8, co. 1 della l. 3/2012 (d’ora in poi in assenza di riferimento alla legge s’intenderà la legge 3/2012) prevede che “La proposta di accordo o di piano del consumatore prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso
qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri”.
Si intuisce quindi la totale libertà concessa nell’individuazione delle modalità di ristrutturazione dei debiti che potrà avere un contenuto dilatorio, remissorio parziale dei debiti piuttosto che entrambi.
I vincoli posti riguardano principalmente la tipologia di debiti e le modalità di soddisfazione di alcuni di essi e le cause di inammissibilità al ricorrere di determinate fattispecie.
In riferimento alla tipologia di crediti[4]:
- CREDITI IMPIGNORABILI[5] – il piano (di ristrutturazione oggetto di proposta di accordo) deve assicurarne il regolare pagamento;
- CREDITI MUNITI DI PRIVILEGIO, PEGNO O IPOTECA – è possibile prevedere che “possano non essere pagati integralmente purché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la prelazione (…)[6]”;
- TRIBUTI COSTITUENTI RISORSE DELL’U.E, I.V.A., RITENUTE OPERATE E NON VERSATE – il piano può prevederne esclusivamente la dilazione.
In riferimento alle cause di esclusione, la proposta non è ammissibile quando il debitore (anche se consumatore):
- è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle di cui alla procedura in commento;
- ha già fatto ricorso, nei precedenti 5 anni, ai procedimenti in commento;
- ha subìto, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli artt. 14 e 14-bis[7];
- ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
La proposta di accordo dovrà essere depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore e contestualmente, comunque non oltre i tre giorni, deve essere presentata, a cura dell’organismo di composizione della crisi (d’ora in poi O.C.C.), all’agente della riscossione e agli uffici fiscali competenti e contenere la ricostruzione della sua posizione fiscale e l’indicazione di eventuali contenziosi pendenti.
Unitamente alla proposta dovranno essere depositati in tribunale i seguenti documenti:
- elenco di tutti i creditori con l’indicazione delle somme dovute;
- elenco di tutti i beni del debitore;
- eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni;
- dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni;
- attestazione di fattibilità del piano (a cura dell’O.C.C.);
- elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia;
- indicazione del nucleo familiare e certificato dello stato di famiglia;
- se il debitore svolge attività d’impresa, scritture contabili degli ultimi 3 esercizi con dichiarazione di attestazione di conformità all’originale.
PROCEDIMENTO
Il Giudice, una volta verificato che la proposta soddisfa i requisiti precedentemente citati, fissa immediatamente con decreto l’udienza[8] disponendo la comunicazione della proposta ai creditori presso la residenza o la sede legale.
Col decreto di fissazione dell’udienza il Giudice:
- stabilisce idonea forma di pubblicità del decreto (se il proponente svolge attività d’impresa andrà pubblicato nel registro delle imprese);
- nel caso in cui il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o mobili registrati ordina la trascrizione del decreto presso gli uffici competenti (a cura dell’O.C.C.);
- dispone che non possono essere iniziate o proseguite, pena la loro nullità, azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi, né acquisiti diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato proposta di accordo, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo[9]
A decorrere dalla data del decreto di cui sopra sino alla data di omologazione dell’accordo il debitore non potrà compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del Giudice, pena l’inefficacia degli stessi.
A questo punto i creditori avranno ricevuto la proposta da parte dell’O.C.C. e dovranno far pervenire all’O.C.C. medesimo, almeno 10 giorni prima della data di udienza, una dichiarazione sottoscritta[10] del proprio consenso alla proposta. Vale il c.d. silenzio assenso, ovvero, nel caso non pervenga la dichiarazione di dissenso entro il termine testé citato, si ritiene che il creditore abbia prestato assenso alla proposta nei termini in cui gli è stata comunicata.
MAGGIORANZA NECESSARIA
E’ necessario che l’accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti.
I creditori muniti di privilegio, pegno e ipoteca per i quali è previsto l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto ad esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione.
In proposito si ricorda quanto detto in precedenza riguardo alla falcidiabilità dei creditori muniti di
privilegio, pegno e ipoteca, dove si precisava che è possibile prevederne il non integrale pagamento purché sia garantito un importo non inferiore a quello che sarebbe loro derivato dalla liquidazione del bene a valori attuali di mercato.
Ebbene, stante l’attuale situazione di valori immobiliari significativamente inferiori a quelli in cui presumibilmente si sono costituiti i privilegi, si verrà spesso a configurare la fattispecie in cui i creditori ipotecari (in primis le banche) vedranno degradare parte dei loro crediti da ipotecari a chirografari. Ebbene in tali casi essi saranno computati ed avranno diritto ad esprimersi limitatamente alla quota di credito degradato a chirografo.
Un esempio numerico potrà meglio chiarire ai non addetti al mestiere quanto illustrato:
si pensi ad un debitore che presenti, in sintesi, la seguente situazione:
PATRIMONIO costituito esclusivamente da un immobile del valore attuale, da perizia, di € 200.000;
DEBITI verso banche assistiti da ipoteca sull’immobile per € 300.000;
DEBITI verso banche non assistiti da alcun privilegio per € 100.000.
In tal caso sarà presumibile ipotizzare che dalla liquidazione del bene immobile non possa derivare un importo maggiore rispetto alla liquidazione del bene a valori di mercato attuali , ovvero € 200.000.
Sarà quindi possibile prevedere il pagamento integrale del creditore ipotecario sino all’importo di € 200.000.
Per il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’omologazione dell’accordo non andranno computati, e non potranno esprimersi, i crediti pari a 200.000 €, mentre si computeranno i crediti degradati a chirografo e avranno diritto ad esprimersi, quindi:
CREDITI COMPUTATI = € 200.000 (€ 100.000 già chirografi + € 100.000 degradati a chirografo)
MAGGIORANZA RICHIESTA € 120.000 ( 60% di € 200.000).
Ad onor del vero, resta da chiarire se, nel silenzio della norma, in presenza di uno stralcio del creditore prelatizio, il voto debba essere computato per il totale del credito o soltanto per la parte stralciata (come, invece, ipotizzato nell’esempio sopra riportato).
Un ulteriore aspetto, di chiaro tenore antielusivo, da tenere in considerazione è rappresentato dal fatto che non potranno esprimersi sulla proposta, né essere computati ai fini del raggiungimento della maggioranza:
- il coniuge del debitore;
- i parenti e affini sino al quarto grado;
- i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta.
L’accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso. E’ evidente che la procedura in commento è tesa a “risolvere” la situazione di sovraindebitamento del proponente l’accordo e non possa prevedere lo stralcio di crediti vantati nei confronti di terzi, seppur in via di regresso o di coobbligazione.
Sempre in una logica di verifica della correttezza necessaria a sostenere l’intero impianto della procedura sono previste delle ipotesi di cessazione di produzione di effetti dell’accordo nonché di revoca dello stesso:
- l’accordo cessa, di diritto, di produrre effetti se il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti previsti dal piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie;
- l’accordo è revocato se, durante la procedura, risultano compiuti atti diretti a frodare le ragioni dei creditori[11].
OMOLOGAZIONE DELL’ACCORDO
Una volta esperito il termine per comunicare le dichiarazioni di assenso (10 giorni prima della data di udienza), l’O.C.C. verifica il raggiungimento dell’accordo e se l’accordo è raggiunto dovrà trasmettere a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale richiesta (il 60%), allegando il testo dell’accordo.
Dal ricevimento della relazione, i creditori avranno 10 giorni di tempo per sollevare eventuali contestazioni.
Esperito anche quest’ultimo termine l’O.C.C. trasmetterà al Giudice la relazione comunicata ai creditori e allegherà le eventuali contestazioni, nonché un’attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.
A questo punto il Giudice omologherà l’accordo dopo aver:
- risolto ogni contestazione;
- verificato il raggiungimento delle maggioranze richieste;
- verificato l’idoneità del piano ad assicurare l’integrale pagamento dei crediti impignorabili nonché dei crediti costituenti risorse U.E. , I.V.A. e ritenute operate e non versate;
- in caso di contestazioni sulla convenienza dell’accordo da parte di creditori che non abbiano aderito o che risultino esclusi piuttosto che da ogni altro interessato, verificherà che il credito possa essere soddisfatto dall’esecuzione dell’accordo in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria (di cui si dirà in seguito) e se supererà tale verifica di convenienza omologherà l’accordo.
Una volta omologato l’accordo risulterà obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità della proposta (e del decreto di fissazione dell’udienza). I creditori con causa o titolo posteriore non potranno procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.
L’omologazione dovrà avvenire entro il termine massimo di 6 mesi dalla presentazione della proposta.
PIANO DEL CONSUMATORE
La principale differenza tra il “piano” del consumatore rispetto all’”accordo” è rappresentata dal fatto che il piano del consumatore non è sottoposto all’approvazione dei creditori.
Come già accennato, il discrimine per individuare il soggetto che possa aderire a questa procedura è rappresentato dalla natura delle obbligazioni assunte: il consumatore è colui che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale.
L’esempio tipico di consumatore che può proporre il piano è quello in cui un lavoratore dipendente ha contratto debiti (verso banche, carte di credito, carte revolving, ecc.) in misura tale da garantire ragionevolmente di poterli ripagare, in virtù della situazione economica del momento.
Nel frattempo ha perso il proprio posto di lavoro, per cause a lui non imputabili, e non è più stato in grado di far fronte ai propri debiti già contratti e neppure a quelli che via via si andavano ad accumulare per altre tipologie di debiti (utenze domestiche, ecc.).
Uno degli obiettivi della normativa in commento, se non il principale, è proprio quello di consentire a questa tipologia di debitori “sovraindebitati” di sanare le proprie posizioni debitorie contratte senza colpa.
Si precisa che il fideiussore che ha prestato garanzia per debiti d’impresa o professionali (il comune caso del socio di s.r.l. che presta garanzia fideiussoria per società di capitali) è parificato all’imprenditore e, pertanto, escluso dalla possibilità di accedere al “piano” del consumatore.
CONTENUTO DEL PIANO
Non essendo prevista alcuna necessità di consenso da parte dei creditori, il procedimento volto ad ottenere l’omologazione del piano è diretto, in primis, a valutare, a differenza di quanto avveniva nell’”accordo”, la meritevolezza del consumatore.
Assume quindi particolare rilevanza la relazione particolareggiata che dovrà essere predisposta dall’O.C.C. che deve contenere:
a) l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le obbligazioni;
b) l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
c) il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni;
d) l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
e) il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla probabile convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria.
L’O.C.C. dovrà anche effettuare tutte le attività già illustrate nel procedimento dell’”accordo” (tra cui l’attestazione di fattibilità del piano).
Il punto cruciale di tutta la procedura sta proprio nella valutazione che è chiamato a compiere il Giudice in merito alla meritevolezza ed all’assenza di colpa del debitore consumatore, tale giudizio subordinerà l’omologazione del piano.
E’ ragionevole ipotizzare che il Giudice valuterà l’entità dei redditi del debitore al momento in cui ha assunto le obbligazioni e se il debitore poteva “permettersi” di sostenere tale spesa oppure se si è comportato in modo del tutto “irresponsabile”.
Non si può sottacere che tale valutazione, pur supportata dalla relazione particolareggiata dell’O.C.C., risulta piuttosto discrezionale e rappresenta un elemento aleatorio di non poco conto.
In ogni caso, si fa presente che il consumatore può pur sempre provare a comporre negozialmente la crisi mediante un “accordo”, piuttosto che liquidare il proprio patrimonio con l’apposita procedura di cui si illustrerà in seguito.
Il procedimento per molti aspetti ricalca quello già illustrato per l’”accordo”, si segnalano qui di seguito le principali particolarità relative al piano:
- il decreto di fissazione dell’udienza di omologazione del piano è da considerarsi come decreto di ammissione alla procedura (alcuni effetti saranno posticipati al momento dell’omologazione);
- il decreto di fissazione dell’udienza (quindi di ammissione alla procedura) non è sottoposto ad obblighi di pubblicità;
- non è prevista la sospensione generalizzata delle azioni esecutive (potrà essere solamente richiesto un provvedimento di sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata nel caso in cui si ritenga che dalla prosecuzione possa derivarne un pregiudizio alla fattibilità del piano, in tal caso l’eventuale provvedimento di sospensione verrà disposto dal Giudice col decreto che fissa l’udienza dei creditori);
- il decreto di omologazione del piano deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento (mentre nell’accordo tale equiparazione avviene nel precedente decreto di ammissione);
Il giudizio di omologazione sarà pertanto subordinato principalmente all’accertamento:
- della fattibilità del piano e della sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei crediti impignorabili e dei crediti di cui all’art. 7, co. 1, terzo periodo;
- della meritevolezza del debitore.
In riferimento alla meritevolezza, il Giudice, per espressa previsione normativa[12], una volta compiute le verifiche già citate, omologa il piano quando esclude che il consumatore:
- abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere;
- abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche mediante un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.
Il procedimento termina con il provvedimento mediante il quale il Giudice omologa[13] oppure nega l’omologazione (in caso di diniego il Giudice dichiara anche l’inefficacia dell’eventuale provvedimento di sospensione di provvedimenti esecutivi in corso).
LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO
Passando all’esame dell’ultima procedura contemplata dalla legge in commento, va precisato innanzitutto che essa può essere proposta da qualsivoglia tipologia di debitore sovraindebitato non fallibile, prescindendo quindi dalla natura delle obbligazioni assunte.
Come si vedrà in seguito, inoltre, essa potrà derivare da una volontà diretta del debitore di attivare la procedura liquidatoria, in alternativa al “piano” e all’”accordo”, piuttosto che da una conversione di una procedura di composizione della crisi già attivata.
La legge in esame dedica alla procedura da liquidazione del patrimonio un’apposita sezione, la seconda, dall’art. 14-ter all’art. 14-duodecies ed è stata introdotta dalle modifiche apportate dal d.l. 179/2012.
Il soggetto in stato di sovraindebitamento può avviare tale procedura liquidatoria di tutto il suo patrimonio proponendo ricorso al Tribunale del luogo ove ha la residenza o la sede principale, corredato dalla documentazione di cui all’art. 9, commi 2 e 3 (come previsto per le altre procedure e già indicato nei paragrafi precedenti), allegando una relazione particolareggiata predisposta dall’O.C.C. [14] e l’inventario di tutti i beni del debitore.
Si precisa che non può accedere alla procedura liquidatoria il debitore che:
- ha fatto ricorso, nei cinque anni precedenti, alle procedure relative all’”accordo”, al “piano” e alla “liquidazione del patrimonio”;
- è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle qui commentate.
Non sono compresi nella liquidazione:
- i crediti impignorabili ex art. 545 c.p.c. (di cui già s’è detto supra);
- i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della propria famiglia indicati dal Giudice (trattasi del c.d. minimo vitale, nozione che in questa sede differisce totalmente dalle precedenti disposizioni legislative in tal senso, dovendosi determinare caso per caso in ragione del tenore di vita del debitore correlato a delle statistiche per territorio e per composizione del nucleo familiare);
- i frutti derivanti dall’usufrutto legale dei beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’art. 170 del codice civile[15];
- le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
Dopo aver verificato che la domanda soddisfi i requisiti di cui all’art. 14-ter e l’assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi 5 anni, il Giudice dichiara aperta la procedura di liquidazione con decreto, mediante il quale:
- nomina un liquidatore[16];
- dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione[17] diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore (il c.d. automatic stay);
- stabilisce idonea forma di pubblicità della domanda e del decreto;
- quando il patrimonio comprende beni immobili o mobili registrati ordina la trascrizione a cura del liquidatore;
- ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore ad utilizzare alcuni di essi;
- fissa i limiti del c.d. “minimo vitale”.
Al fine di evitare un utilizzo abusivo della procedura, è previsto che essa abbia una durata di almeno 4 anni, con acquisizione al patrimonio di liquidazione dei beni sopravvenuti in detto periodo (al netto degli oneri necessari alla loro acquisizione).
Il liquidatore dopo aver verificato l’elenco dei creditori e l’attendibilità della documentazione acquisita, forma l’inventario dei beni da liquidare e comunica ai creditori:
- che per partecipare alla liquidazione dovranno depositare o trasmettere, anche a mezzo PEC, la domanda di partecipazione[18];
- la data entro cui vanno presentate le domande;
- la data entro cui sarà comunicato lo stato passivo e ogni altra informazione ai creditori e al debitore.
Il liquidatore, una volta esaminate le domande pervenute, predispone un progetto di stato passivo e lo comunica agli interessati e, se non giungono osservazioni entro il termine di 15 giorni, lo approva[19].
LIQUIDAZIONE DELL’ATTIVO
Entro 30 giorni dall’inventario, il liquidatore predispone il “programma di liquidazione” che verrà comunicato ai creditori e al debitore e depositato in Cancelleria del Tribunale. Si segnala che tale programma di liquidazione non sarà oggetto di alcuna approvazione.
Senza addentraci troppo, in questa sede, nell’analisi delle attività poste a carico del liquidatore, si segnalano alcuni aspetti di rilievo:
- i crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione (c.d. crediti prededucibili) sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, fatta eccezione per il ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno o ipoteca, per la parte destinata ai creditori garantiti;
- i beni e i crediti sopravvenuti nei 4 anni successivi al deposito della domanda di liquidazione costituiscono oggetto della stessa ed è onere del debitore integrare l’inventario;
- i creditori con causa o titolo posteriore al momento dell’esecuzione della pubblicità predisposta dal decreto di apertura della procedura liquidatoria non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione;
- la durata della procedura è posta, come già accennato, ad un minimo di 4 anni e, comunque, sino alla completa esecuzione del programma di liquidazione[20];
ESDEBITAZIONE
Mentre per le procedure di “accordo” e di “piano del consumatore” l’effetto esdebitatorio è automatico, nella procedura di “liquidazione del patrimonio” è subordinato al vaglio del Giudice, previa presentazione di apposita istanza da depositarsi entro l’anno successivo alla chiusura della procedura liquidatoria.
Come già accennato, anche in questa procedura, come in quella del “piano del consumatore”, per ottenere il beneficio della liberazione dei debiti residui non soddisfatti devono essere soddisfatte delle condizioni di “meritevolezza”, ovvero che il debitore:
- abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili, nonché adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
- non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
- non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda;
- non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti dall’articolo 16;
- abbia svolto, nei quattro anni di cui all’articolo 14-undecies, un’attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato un’occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo, proposte di impiego;
- siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.
Sono peraltro previste delle tassative cause di esclusione da tale beneficio esdebitatorio e delle tipologie di debiti per cui l’esdebitazione non opera.
Cause di esclusione dall’esdebitazione:
- il sovraindebitamento del debitore e’ imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali[21];
- il debitore, nei cinque anni precedenti l’apertura della liquidazione o nel corso della stessa, ha posto in essere atti in frode ai creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio, ovvero simulazioni di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri.
L’esdebitazione non opera:
- per i debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari;
- per i debiti da risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché per le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti;
- per i debiti fiscali che, pur avendo causa anteriore al decreto di apertura delle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo, sono stati successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Si segnala che il provvedimento di esdebitazione è revocabile in ogni momento, su istanza dei creditori, se risulta:
- che è stato concesso ricorrendo l’ipotesi del comma 2, lettera b)[22];
- che è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero simulate attività inesistenti.
INTERVENTO DEL FONDO DI GARANZIA PER IL PAGAMENTO DEL T.F.R.– Messaggio INPS n. 4968/2015
Come noto, in caso di insolvenza del datore di lavoro, per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto, le ultime tre retribuzioni e la previdenza complementare, debitamente accertati e determinati dalla procedura concorsuale, vengono erogati ai lavoratori subordinati dal Fondo di garanzia tramite l’Inps (ex l. 29 maggio 1982, n. 297).
Con il messaggio n. 4968/2015 l’Inps chiarisce che anche nel caso di liquidazione dei beni del soggetti non fallibili ex art. 14-ter tale Fondo opera e definisce le modalità per potervi accedere, qui di seguito il link del documento: http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fMessaggi%2fMessaggio%20numero%204968%20del%2024-07-2015.htm
ORGANISMO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI
L’art. 15 istituisce l’organo protagonista di questa procedura ovvero “l’Organismo di Composizione della Crisi” detto O.C.C..
Svariati, sono i compiti dell’O.C.C. fra i quali i principali si possono sintetizzare nei seguenti:
– è di ausilio al debitore nell’elaborazione del piano sottostante alla proposta e nell’esecuzione della stessa;
– è liquidatore giudiziale nell’accordo o nei piani del consumatore omologati;
– è di ausilio al Giudice nella redazione della relazione particolareggiata, nella verifica della veridicità dei dati contenuti nella proposta e negli allegati e soprattutto nel rilascio dell’attestazione di fattibilità del piano;
– svolge le formalità pubblicitarie;
– è liquidatore nella procedura di liquidazione del patrimonio;
E’ opportuno precisare che ai sensi del c. 9 dell’art. 15 le funzioni attribuite agli O.C.C. possono essere svolte anche da un professionista (o società tra professionisti) in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 della L.F. ovvero :
- avvocati, dottori e ragionieri commercialisti;
- studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a).
SANZIONI
La procedura da sovraindebitamento è ispirata, come detto, dalla volontà di porre rimedio a situazioni di sovraindebitamento per così dire, semplificando, “non colpose”. Appare quindi evidente che le condotte richieste dai vari attori coinvolti dovranno avere quale comune denominatore la correttezza e la collaborazione.
Le sanzioni previste sono particolarmente incisive.
L’art. 16 si compone di tre commi: il primo sanziona il debitore, il secondo e il terzo sanzionano il componente dell’O.C.C..
E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da € 1.000 a € 50.000 il debitore che:
- al fine di ottenere l’accesso alla procedura di composizione della crisi di cui alla sezione prima del presente capo aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simula attività inesistenti;
◦ al fine di ottenere l’accesso alle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;
- omette l’indicazione di beni nell’inventario di cui all’articolo 14-ter, comma 3;
- nel corso della procedura di cui alla sezione prima del presente capo, effettua pagamenti in violazione dell’accordo o del piano del consumatore;
- dopo il deposito della proposta di accordo o di piano del consumatore, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria;
- intenzionalmente non rispetta i contenuti dell’accordo o del piano del consumatore.
Il componente dell’O.C.C., o il professionista facente funzioni, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da € 1.000 a € 50.000 nei casi in cui renda false attestazioni in ordine:
- alla veridicità dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati;
- alla fattibilità del piano ai sensi dell’articolo 9, comma 2 (nella proposta di “accordo”), ovvero nella relazione di cui agli articoli 9, comma 3-bis (nella proposta di “piano del consumatore”), 12, comma 1 (relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale nelle more dell’omologazione dell’”accordo”) e 14-ter, comma 3 (nella liquidazione del patrimonio).
La stessa pena si applica al componente dell’O.C.C., ovvero al professionista facente funzioni, che cagiona danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio.
CONCLUSIONI
Va salutato con favore, a parere di chi scrive, l’intervento normativo recentemente introdotto nel nostro Ordinamento, così come profondamente modificato dal d.l. n. 179/2012.
Occorre segnalare, ad onor del vero, che gli unici Paesi che non si sono ancora dotati di strumenti idonei a garantire una procedura concorsuale esdebitatoria riservata ai soggetti non fallibili sono: la Cina, il Vietnam, l’Ucraina, l’Ungheria e alcuni Paesi del Sud America[23] e l’ultimo paese in Europa a dotarsi di questa procedura è stata la Grecia nel 2010.
Altri Paesi come l’Inghilterra e gli Stati uniti d’America possiedono una procedura per l’esdebitazione dei soggetti non fallibili, rispettivamente, dall’anno 1705 e 1841. Ad ogni buon conto, meglio tardi che mai.
Ad oggi è pertanto possibile porre rimedio a situazioni che spesso assumono dei contorni drammatici.
Tuttavia, si tratta di procedure giudiziali che richiedono l’intervento di professionisti in grado di supportare il debitore dalla fase prodromica alla predisposizione del ricorso per l’accesso alla procedura, alla verifica dei presupposti oggettivi e soggettivi e all’individuazione delle varie strategie sottese all’individuazione della procedura che meglio si addica al caso specifico.
Lo Studio Carollo possiede tali competenze mediante professionisti iscritti agli Albi dei dottori commercialisti e degli avvocati.
Scarica l’articolo in formato PDF
Un caso concreto di piano del consumatore. Falciati l’87% dei debiti tributari
Contattaci ORA per un Preventivo Gratuito!
[1] Fonte UNIREC, V rapporto annuale..
[2] Con tale provvedimento è stata in larga parte modificata l’originaria disciplina prevista di cui alla l. 3/2012, prevedendo, tra le altre cose: la previsione di un’apposita procedura per il “consumatore”; la possibilità, a determinate condizioni, di falcidia dei creditori privilegiati, l’introduzione di una terza procedura di “liquidazione del patrimonio”; la riduzione dal 70% al 60% dei consensi richiesti ai fini del raggiungimento dell’”accordo” di composizione della crisi; l’introduzione del “silenzio assenso”; il carattere vincolante della proposta omologata a tutti i creditori, inclusi i dissenzienti.
[3] Regolamento recante i requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento ex art. 15 l. n. 3/2012.
[4] Ci si riferisce ai crediti che i terzi vantano nei confronti del soggetto sovraindebitato.
[5] Trattasi di crediti alimentari; crediti aventi per oggetto sussidi di garanzia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da Enti di assistenza o da Istituti di beneficenza; somme dovute ai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego.
[6] Art. 7, co. 1, l. 3/2012.
[7] Trattasi di provvedimenti di annullamento/risoluzione dell’accordo e di revoca e cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore.
[8] Tra il giorno del deposito della documentazione e il giorno dell’udienza non devono decorrere più di 60 giorni.
[9] Tale sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.
[10] Con le consuete modalità: telegramma; lettera raccomandata con avviso di ricevimento; telefax; posta elettronica certificata.
[11] Il Giudice provvede d’ufficio con decreto reclamabile innanzi al tribunale e del collegio non può far parte il Giudice che ha pronunciato il decreto oggetto di reclamo.
[12] Art. 12-bis, co. 3.
[13] Entro il termine di sei mesi dalla presentazione della proposta.
[14] Tale relazione, che presumibilmente avrà il fine di consentire al Giudice di esprimersi in ordine alla “meritevolezza” del debitore ad ottenere l’eventuale giudizio sull’esdebitazione, deve contenere, ai sensi del terzo comma dell’art. 14-ter: l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza del debitore persona fisica nell’assumere le obbligazioni, le ragioni della sua incapacità ad adempiere le obbligazioni assunte, il resoconto sulla sua solvibilità negli ultimi cinque anni, l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori e il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata.
[15] Il quale prevede che “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.
[16] Le cui funzioni possono essere svolte dallo stesso organismo di composizione della crisi.
[17] In realtà in questa procedura non esiste alcun provvedimento di omologazione, pertanto si ritiene debba intendersi “sino al momento in cui il decreto di chiusura della procedura ex art. 14-ter diverrà definitivo”, in tal senso vedasi il decreto di apertura della liquidazione emesso dal tribunale di Terni in data 17/12/2013.
[18] Che dovrà essere proposta con ricorso e dovrà contenere: le generalità del creditore; le somme che si intendono far valere nella liquidazione, o la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione; le ragioni di fatto e di diritto sottese; l’eventuale titolo di prelazione; l’indirizzo PEC o numero di fax o l’elezione di domicilio in un Comune del circondario ove ha sede il tribunale competente.
[19] In presenza di osservazioni, se il liquidatore le ritiene fondate, il liquidatore predispone un nuovo progetto di stato passivo riassegnando nuovamente il medesimo termine per le eventuali osservazioni. Diversamente, laddove ritenesse le stesse non componibili, rimette gli atti al Giudice che provvederà alla formazione dello stato passivo.
[20] Il programma di liquidazione dovrà garantire la “ragionevole durata” del procedimento.
[21] Si noti la similitudine al piano del consumatore.
[22] Il secondo punto sopra indicato in riferimento alle cause di esclusione dall’esdebitazione.
[23] Fonte: Relazione illustrativa al d.l. n. 179/2012